XI° rapporto annuale del Centro Studi di Economia Reale su Economia e Finanza pubblica

XI° rapporto annuale del Centro Studi di Economia Reale su Economia e Finanza pubblica

L’articolo è diviso in due sezioni, la I^ rappresenta una sintesi, la II^ la descrizione completa.

 

I^ Parte (sintesi del documento)

Economia e finanza pubblica: cosa emerge dal dibattito politico e perché tutto si risolve in GOSSIP. Il rapporto evidenzia come l’austerità centri poco o nulla con le difficoltà Italiane, la spending review in realtà non esista e come la crescita sia dovuta principalmente a fattori esogeni come gli stimoli di politica monetaria.

Diversamente dalle dichiarazioni e da quanto emerge dal dibattito politico, la spesa pubblica complessiva è aumenta ma al suo interno è aumentata a dismisura la spesa corrente al netto dei minori interessi sul debito, la spesa per investimenti rimane sul modesto valore di 36Mld. in diminuzione, contro 50 Mld. annui stanziati a fondo perduto.

In sintesi: aumentiamo la spesa corrente, nascosta dalla diminuzione della spesa per interessi e diminuiamo gli investimenti a valori inferiori alla spesa a fondo perduto.

II^ Parte (descrizione completa)

L’ XI° rapporto annuale del Centro Studi di Economia Reale di Mario Baldassarri (basato sul modello Oxford economics) offre un’ analisi del periodo 2013-2017 ed un quadro di lettura dei numeri della XVII legislatura profondamente diverso, da ciò che emerge dal dibattito politico.

La validità delle analisi, delle previsioni e delle valutazioni econometriche non risiede nella capacità di prevedere il futuro ma nel realizzare un quadro di coerenza dei numeri tale da ottenere le informazioni necessarie per proporre politiche economiche utili al perseguimento delle aspettative.

Uno dei dati fuorvianti ( fuori dal rapporto ) è la rassicurante crescita del PIL pro capite. Una crescita nel 2017 che “dimentica” la profondità dalla quale cerchiamo di risollevarci dal 2012 (non recuperata) e la contrazione dei dati demografici, oltre a non rilevare le forti differenze che permangono rispetto agli altri stati dell UE, -24% rispetto alla Germania (dati ISTAT). In sintesi abbiamo semplicemente recuperato qualcosa dal 2012.

Il rapporto pone in evidenza come la politica monetaria sia stata il vero motore di questa crescita e come in particolare l’Italia abbia sperperato ancora una volta i vantaggi ed i conseguenti benefici.

La politica della BCE ha pesantemente contribuito, attraverso l’adozione di politiche non convenzionali, agendo sui cambi e sul costo del denaro, ad incidere sul tasso di crescita delle economie Europee.

Senza il contributo della BCE, riflesso in termini di crescita delle esportazioni, crescita interna e riduzione del costo del debito pubblico, i tassi di crescita del PIL in Europa ed in particolare in Italia sarebbero decisamente modesti se non inconsistenti.

Ripresa strutturale o congiunturale? In generale tutte le riprese sono congiunturali, possiamo certamente affermare che questa ripresa è stata indotta dall’esterno, una ripresa esogena non attribuibile alle manovre decise dagli esecutivi se non per decimali di punto nell’ordine dello 0,2%-0,3% (per quanto riguarda l’Italia).

Senza gli stimoli monetari la disoccupazione in Italia avrebbe contato circa 700.000 occupati in meno, senza considerare l’impatto sui conti pubblici che avrebbe registrato un aumento del deficit di circa 100 mld, con un rapporto debito PIL al 160 % ed un possibile commissariamento.

Dall’analisi sui numeri ufficiali e dalla loro ricostruzione, emerge un quadro profondamente diverso da quanto ascoltiamo dal dibattito politico, spesso ridotto a gossip e promesse elettorali.

Tutti i documenti finanziari degli ultimi anni presentano, indipendentemente dal colore politico, una costante: “il calcio della lattina” definizione che esprime il gioco di spostare inutilmente in avanti un problema, rimandando la sua soluzione, che nel tempo sarà peggiorata, con la consapevolezza di non volerlo risolvere non volendo assumersi la responsabilità dell’impegno e delle possibili conseguenze in nome del consenso, spostando sui giovani e sulle nuove generazioni i problemi che inevitabilmente ci coinvolgeranno.

“BASTA AUSTERITA” quante volte lo abbiamo ascoltato! In realtà i numeri dicono altro…non solo non è vero, ma continua a non essere un’obiettivo e con il quale si giustifica la mancanza di fondi.

Immagina una famiglia composta da 10 figli dove il papà riferisce :” non possiamo spendere soldi per la scuola, per formazione ed abiti, non ci sono i soldi! ” e poi scoprire che gioca alle slot e spende in regalie insieme ad uno solo dei figli!! E’ una rappresentazione molto vicina a quanto giornalmente accade nel nostro paese.

Se così fosse quale sarebbe il Tuo punto di vista?

                                               La spesa pubblica non è mai diminuita è sempre e solo aumentata,

in particolare la spesa corrente è fortemente incrementata ancor più se depurata dalla forte diminuzione della spesa per interessi (effetto Draghi), dobbiamo poi registrare una caduta della spesa per investimenti già modesta oltre che improduttiva.

Tutti i governi hanno volutamente sovrastimato nei documenti di programmazione economico finanziaria le proiezioni di crescita e le aspettative di inflazione in modo da poter fare previsioni più alte, (unica eccezione il governo Gentiloni che è stato costretto a rivedere le previsioni al rialzo).

L’ eccesso di confidenza nelle previsioni di crescita su PIL ed inflazione, ha consentito di ridurre i rapporti Deficit/PIL e Debito/PIL rendendo artificiosamente sostenibili le condizioni di finanza pubblica ed aumentando il debito.

Il “giochetto” negli ultimo anni si è concentrato sulle clausole di salvaguardia; per evitare (giustamente nel merito) l’aumento dell’iva, si è preferito coprire la metà dell’importo con la famosa flessibilità ( in effetti è debito pubblico, si chiede all’Europa di fare maggiore debito che poi dovremo pagare, non facendo altro che spostare le tasse nel tempo continuiamo a dare il calcio alla lattina.) per il resto imposte.

E’ inutile dire che nessuno Stato può sottovalutare i rischi dell’aumento del Debito Pubblico in particolare l’Italia

VEDIAMO I NUMERI:

La spesa pubblica totale è passata da 819 Mld. nel 2012 a 844 Mld. (+25Mld.) nel 2017 e prevista a 870 Mld. (+26 Mld.) nel 2020 aumentata in valore assoluto di 25 Mld ed in rialzo di ulteriori 26 Mld. Nel 2020.

E’ utile rilevare che se in rapporto percentuale al PIL la variazione sembra trascurabile, aumenta in valore assoluto quindi lo stock di debito.

Spesa corrente aumentata da 755 Mld. nel 2012 a 782 Mld. Nel 2017 l’aumento è di 27 Mld. ma al suo interno è ricompresa la spesa per interessi, diminuita di 18 Mld. quindi la spesa corrente al netto degli interessi al 2017 aumentata di 45 mld .

Tutto il dibattito si basa sulla presunta austerità ma non è vero, la spesa corrente è aumentata per ulteriori 45 Mld.

La spesa complessiva è aumentata meno per effetto della riduzione degli investimenti pubblici.

La politica ha preferito e preferisce limitare la spesa che consente di costruire il futuro, investimenti e PIL alimentando la spesa corrente che costruisce consensi.

Il tema vero, e il vero problema consiste nel taglio drastico degli investimenti oggi pari a soli 36 Mld.

Scopriamo alcuni capitoli di spesa:

all’interno della spesa compaiono costanti circa 50 Mld di euro all’anno di trasferimenti a fondo perduto, metà in conto corrente e metà in conto capitale fermo restando il costante aumento delle spese di beni e servizi malgrado CONSIP e la famosa AUSTERITY .

Il dato davvero interessante è che a fronte di una spesa per investimenti di soli 36 Mld. ci sono 50 Mld concessi a fondo perduto ogni anno che sono a beneficio di una minoranza che conta milioni di persone.

Se nel corso degli ultimi 25 anni avessimo speso 50 Mld. annui, circa 1400 Mld. (pari alla metà del debito pubblico) in investimenti con un moltiplicatore 2 ( il moltiplicatore indica quanto un investimento è in grado di generare in termini di reddito, misura la capacità di conferire impulso alla crescita) saremmo ben lontani da questa situazione ed i “se” servono a poco.

Rimane il fatto che è stato preferito fare investimenti a moltiplicatore nullo e regalare denaro a fondo perduto alimentando il debito per il paese e ricchezza per alcune tasche private.

Ci raccontano che le risorse sono scarse che abbiamo raschiato il barile ma nel DEF ci sono da oggi, 2017, al 2020, ogni anno, stanziati 50 Mld a fondo perduto oltre al mantenimento della spesa e senza considerare il peso dell’evasione fiscale.

E’ assolutamente vero che le risorse non ci sono a patto di continuare a buttarle dalla finestra o a beneficio di pochi.

Dal punto di vista delle entrate la storia si ripete, le tasse aumentano in valore assoluto, in termini di stock e rimangono stabili nei coefficienti che esprimono il rapporto tra grandezze per effetto della sovrastima del PIL.

Entrate 2012- 2018

Nel 2012, 772 Mld. -nel 2017, 807 Mld. (+34 Mld) – nel 2018, 820 Mld. (+13 Mld).

Tutti i governi dichiarano di ridurre le tasse, tagliare la spessa ed aumentare gli investimenti, ricette comuni che trovano sempre il consenso di tutti……



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